venerdì, aprile 14, 2006

Amico Antenucci 1


Lo scirocco e il maestrale
Insieme al mio amico Zizzo, abbiamo lasciato la sede dell’Ente nel quale lavoro, verso le 18,30. A dire il vero avevo abbandonato, incollato ad internet ed al televisore anche Vincenzo, mio amico, pregandolo (prima che partisse per Napoli), di tenermi aggiornato su eventuali spostamenti significativi degli exit pool, in quanto sino alle 18,30, il vantaggio dell’Unione era, a detta dei commentatori, stabile e non erano previste particolari sorprese.
Vincenzo era un po’ perplesso sui dati che ci venivano man mano comunicati, per quanto positivi, ed io forse lo ero anche di più, nonostante ambedue avevamo pronosticato (auspicato) un vantaggio rilevante nei confronti degli avversari.
Fatto sta che io e con me il mio amico Zizzo, avevamo voglia di precipitarci in piazza Santissimi Apostoli, e magari dopo in piazza del Popolo, per accedere immediatamente alla festa, quasi ad esorcizzare il tempo che non passava, e che sarebbe passato in forma impazzita.
Quando siamo usciti, ciò che mi metteva di malumore era lo scirocco, il vento caldo che porta la sabbia. Non sopporto lo scirocco che, in quanto evento naturale, è doveroso sopportare: ma tant’è!. Quel vento che si appiccica al corpo, fiacca la mente, mi spinge verso pensieri negativi.
Fatto sta che più si consolidava il vento più i dati che pervenivano nella piazza mi mettevano di cattivo umore. Ad un certo punto il Polo aveva superato l’Unione, e le telefonate con Vincenzo, che intanto viaggiava verso Napoli, erano oggetto di preoccupazione assoluta, se non di rassegnazione, nonostante egli tentasse di rassicurarmi. I volti ed i commenti della gente, che con tante speranze si era ritrovata in piazza, mi gettavano nello scoramento più assoluto. Ogni tanto si percepiva un applauso, per qualche risultato parziale che si modificava a nostro favore, ma di Prodi o di qualcuno dell’Unione, che avevano preventivato un comizio alle 18,30, poi rimandato alle 19,30, nessuna traccia, ed eravamo intorno a mezzanotte.
Io ed il mio amico Zizzo nel frattempo, in tutto quel tempo, tra una telefonata e l’altra, tra una notizia ed una chiacchiera con astanti, ci portavamo da un bar all’altro: il vino e’ stata la bevanda consumata.
Continuavo a domandarmi perché, aldilà dei dati poco rassicuranti di quel momento, non venisse nessuno dei nostri ad informarci. Ne parlavo anche criticamente con alcuni compagni. Come se avesse sentito, eravamo ormai verso l’una, ed avevo ormai perso ogni collegamento con Vincenzo, Romano Prodi, lui solo, viene a scusarsi per il ritardo con il quale si presentava, ma ci spiegava che non aveva informazioni probanti, che non capiva cosa stesse accadendo, e che ci saremmo rivisti più tardi.
Immaginate cosa ha significato, per gente di sinistra che sino a qualche ora prima aveva pensato di mandare a casa Berlusconi, con diversi punti di vantaggio, sentirsi a quel punto così insicuri.
Di vino ormai ne avevamo bevuto abbastanza, ma non eravamo ancora soddisfatti, soprattutto perché mi sembrava più buono, in ragione probabilmente del modificarsi della temperatura; avevo la sensazione che il vento avesse cambiato direzione: era fresco, non era più di scirocco, era di maestrale.
Cominciavo a trovare in me un diverso umore, non ascrivibile al vino, una condizione gradevole.
Da li a poco, erano ormai circa le 4,00, gli uomini dell’Unione sono comparsi ad annunciarci la buona novella. E’ stata un’esplosione di gioia e di canti straordinaria, qualcosa che va oltre la politica, che sta dentro la ricerca comune a tutti, dico tutti, di (ri)trovare il senso della giustizia sociale.
Dopo che la festa si è consumata ed io ed il mio amico Zizzo, abbiamo bevuto un ultimo bicchiere, ci siamo trovati con circa una quarantina di ragazzi, che osservati dalla polizia, quasi vicino alla casa privata di Berlusconi (palazzo Grazioli), inneggiavano alla vittoria, con qualche sberleffo nei confronti del premier. Ho saltato insieme a loro ed ho anche tentato di insegnargli una canto religioso che più o meno fa così: “ Per i miseri implora il perdono, per i deboli implora la pietà…”. Niente da fare, non sono riuscito ad insegnarla, non volevano sentire ed hanno alzato il coro: “ O partigiano portami via, …..”.
Ho cantato come un matto.
Non mi piace bere quando c’è lo scirocco.

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