giovedì, aprile 13, 2006

Midaro 1


Nella mia famiglia non c’è una tradizione o una cultura politica. Nell’esprimere un voto sento di non avere pre-giudizi. In compenso sono un’idealista, una che scioccamente si definisce “l’ultima dei romantici” perché ho dei valori in cui credo per davvero. Il mio approccio alla politica è emotivo-istintivo. Non ho un’ideale cui tener fede, il che mi rende libera di votare ogni volta per la scelta che ritengo più giusta. Ho votato due volte per le politiche. La prima volta, Fini. Avevo detestato la campagna politica svolta dalla sinistra e preferivo, pur non apprezzando ne stimando Berlusconi, che vincesse il centro-destra perché credevo che la sinistra meritassedi perdere. All’interno del centro-destra, Fini era il politico che stimavo di più. Avevo votato, però per un partito che non mi rappresentava e nel quale non potevo riconoscermi. In più in questi anni è scemata anche la mia stima verso il politico in quanto non ho apprezzato il suo esser devoto alla poltrona. Ho seguito con interesse la campagna elettorale da poco conclusa e anche stavolta poche cose mi hanno colpito. Al momento di fare una scelta, ho deciso di votare per l’unico partito che ha trattato un tema secondo me di grande rilevanza: il mercato del lavoro attuale e in particolar modo il precariato. Ho votato per Rifondazione Comunista e la cosa -malgrado terzi pareri- non mi fa sentire una folle né tanto meno una che non conosce la coerenza. Non ho espresso un voto legato alla mia storia, al mio passato, a dei valori culturali, ho votato chi è riuscito ad interessarmi e coinvolgermi, chi ha trattato temi che mi interessano e l’ho premiato col mio voto. Non nutro grandi speranze nell’attuale coalizione di sinistra, ma spero che si renda presto conto che è arrivato il momento di essere operativa. A Rutelli consiglierei di fare coalizioni per affinità e non per possibilità di vittoria e ai DS consiglierei di osare di più. Non tutti votano per grandi ideologie, perché fedeli ad passato nel quale riconoscersi. Non tutti votano perché si sentono di destra o di sinistra. C’è anche chi guarda al partito, al leader e soprattutto alle idee.
Vorrei aggiungere un ulteriore commento. Ho letto con interesse quanto detto sulla scomparsa della questione meridionale. C’è da preoccuparsi se non viene neppure più usata per “commuovere” l’elettorato meridionale. Oppure c’è da tirarne un sospiro di sollievo. Per quanto affrontato in fase pre-elettorale è stato sempre dimenticato al momento di prendere delle decisioni politiche. Possiamo sperare che visto che si è parlato di meno si faccia di più? Secondo me basterebbe affrontarlo con raziocinio e senza falsi moralismi per avere dei passi avanti; ma soprattutto, come una questione di Stato piuttosto che come un’opera “umanitaria”.

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