domenica, agosto 05, 2007

Crisi della politica 2

Cass Sunstein, professore di Jurisprudence alla Law School dell’Università di Chicago, ha messo ad esempio in guardia dal “grande rischio che una discussione condotta fra soggetti che la pensano allo stesso modo possa alimentare una sicurezza eccessiva, estremismo, disprezzo per gli altri, e a tratti anche violenza” (8).
Vedremo più avanti in che senso e perché la libertà va associata alla possibilità di essere esposti a idee, valori, questioni, opinioni diverse, non prevedibili né preordinate. Per adesso ci basta ribadire che essere attenti e sensibili, mostrare capacità di ascolto, dare valore a tesi, argomenti, ragionamenti anche radicalmente divergenti dai propri, produce effetti sicuramente positivi sullo stato di salute delle nostre democrazie.
Tornando al punto, possiamo dire che l’attuale fase liquida dello sviluppo delle democrazie che usiamo definire avanzate è caratterizzata da un vero e proprio ribaltamento di paradigma, di prospettiva, di priorità.
Dalla fase in cui la priorità era la difesa dell’autonomia del privato dalla presenza invasiva e soffocante del pubblico siamo passati ad una fase nella quale occorre proteggere lo spazio pubblico in via di estinzione, rimettere assieme i cocci prodotti dalla separazione tra potere e politica, dal rafforzamento dei processi di individualizzazione e dalla conseguente contrazione dei processi di socializzazione.
Viviamo come “risucchiati da un vortice in cui tutte le realtà e tutti i valori sono annullati, esplosi, decomposti e ricombinati [ mentre tutto intorno c’è ] una incertezza di fondo riguardo a cosa sia fondamentale, a cosa sia prezioso, persino a cosa sia reale” (9).
Si tratta di qualcosa di molto diverso dalla consapevolezza che qualunque ambito, storia, evento, scenario, presenta inevitabilmente luci e ombre. E’ qualcosa di molto più forte della necessità di fare i conti con il lato oscuro della forza. La sensazione è che stavolta a correre il rischio di crollare sono i muri maestri, quelli che sorreggono l’intera costruzione. Ed è una sensazione che neppure la vittoria della democrazia sul comunismo e il nazi-fascismo, le grandi ideologie totalitaristiche che hanno segnato il secolo breve, riesce a rendere meno angosciante.
E’ come se a oltre 15 anni dalla caduta del muro di Berlino, e dalla scomparsa dei grandi miti e delle ideologie, le democrazie moderne, orfane di ogni alterità, prive di partiti in grado di smarcarsi dalla forza omologante dei media, senza dialettica e conflitto sociale e dunque senza una politica autenticamente democratica, corrano il rischio di smarrire non solo la propria spinta propulsiva, ma persino la propria capacità di legittimarsi. Come sostiene in modo provocatorio e profetico Alain Badiou, “il nemico oggi non si chiama Impero o Capitale: si chiama Democrazia" (10).
Per molti versi, lo stesso impetuoso sviluppo della società dell’informazione, l’affermazione di processi di deterritorializzazione e di de-personalizzazione che individuano nel cyberspazio il luogo nel quale si incontrano e si scontrano idee, nickname, simboli, virtualità, i cambiamenti culturali, sociali, economici collegati alla diffusione delle nuove tecnologie digitali, contribuiscono a diffondere, e rendere più densa, la nebbia dell’incertezza che avvolge le nostre vite.

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