martedì, aprile 18, 2006

Antonio Carratù 3


1. Un pò di numeri sulla classe dirigente.
Iniziamo dai due che si sono sfidati per la poltrona di premier. Romano Prodi avrà 71 anni quando concluderà il suo mandato (si spera!!!). Silvio Berlusconi se fosse stato rieletto avrebbe avuto 74 anni alla fine del suo mandato. il Presidente Ciampi ne ha 85 e si parla di Ciampi bis, per fortuna sembra che non accetterà il prossimo mandato. Giulio Andreotti ha 87 anni e continua a sedere al Senato insieme ad altri sei politici di cui il più giovane è Francesco Cossiga 77 anni. Più in generale il 5% dei politici italiani ha meno di 40 anni. Davanti a tale realtà mi chiedo: sono loro (la classe dirigente)che attacati alla poltrona e in generale al potere non permettono a noi giovani di partecipare alla cosa pubblica, oppure siamo noi che non riusciamo ad esprime la forza necessaria per espellere dal sistema tali personaggi?
In entrambi i casi si pone un problema serio, ma puntualmente eluso nei diversi dibattiti, forse perchè mal comune mezzo gaudio?

2. L'infedele di Gad Lerner
Lo sguardo acuto di Gad Lerner sui temi del giorno per gli utenti di Virgilio News.
Con la certificazione della vittoria elettorale dell’Unione, le trasmissioni tv invase dai politici (quanto ha ragione Magris! Sembra che non abbiano altro da fare che presidiare quotidianamente il teleschermo!) ripropongono una modalità classica: quando parlano quelli del centrosinistra, dedicano la più parte del tempo a disposizione all’esame di problemi interni alla coalizione. In pratica quelli dell’Unione sono chiamati a parlare di disunione, un capolavoro di masochismo solo apparente. Perché i nostri politici non sono (quasi) mai masochisti. Solo seguono criteri di convenienza diversi da quelli che dichiarano.
Facciamo un esempio: rifiutando di fare liste dell’Ulivo al Senato, i leader di Ds e Margherita hanno buttato via una ventina di seggi che gli avrebbero garantito pure a Palazzo Madama una salda maggioranza. Errore gravissimo? Nessuno di loro lo riconosce, perché in realtà giudicherebbero errore più grave ancora la rinuncia a pesarsi come singolo partito in una logica di ripartizione delle quote di potere.
Prima delle elezioni predicavano “subito il Partito democratico!”, adesso sono lì ad architettare gruppi parlamentari federati e doppi incarichi per non bere l’amaro calice. Spiace dire che l’avevamo previsto e che per fare passi avanti occorrerà uno strappo all’interno di questi sempiterni gruppi dirigenti.

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