sabato, aprile 29, 2006

Paolo Esposito 1

IL BILANCIO SOCIALE SI E’ FERMATO AD EBOLI:
SFIDE ED OPPORTUNITA’ DI SVILUPPO NEGLI ENTI LOCALI DEL MEZZOGIORNO

A seguito di una analisi di benchmarking effettuata sui comuni che ad oggi, hanno realizzato un bilancio sociale, risulta che nel 2005 alcune Amministrazioni del Mezzogiorno hanno iniziato a muovere i primi passi sui temi della rendicontazione sociale; in particolare il Comune di Eboli risulta essere l’unica amministrazione del Mezzogiorno ad estendere il processo di rendicontazione dell’attività amministrativa a ben due mandati di governo: parafrasando un famoso romanzo di Levi è possibile affermare che il Bilancio Sociale si sia fermato ad Eboli, unica amministrazione del Sud a cimentarsi con forme di rendicontazione sociale.

Prima del 2005 la rendicontazione sociale nella parte sud del Paese era praticamente inesistente.

Vista l’impossibilità di analizzare tutti gli ottomilacentouno comuni d’Italia, le Province e le Regioni, l’analisi è stata ristretta ad un intorno limitato di indagine, i primi cento comuni d’Italia e gli ultimi cento comuni d’Italia, un campione statistico significativo secondo il criterio di densità demografica, attraverso la riclassificazione dei comuni in base al numero di abitanti.

Osservando i primi cento comuni, viene in evidenza che le uniche Amministrazioni (tra le prime dieci più grandi) a non avere mai sperimentato tappe, percorsi ed esperienze di rendicontazione sociale e di bilancio sociale in particolare, sono due comuni del Sud, Napoli e Bari.

Tra le prime cento Amministrazioni, solo il 20% di queste ha predisposto un bilancio sociale, rendendo conto, rendendo il conto a tre milioni di cittadini italiani; e soltanto quattro Amministrazione sono del Sud: il Comune di Palermo, il Comune di Messina, il Comune di Siracusa, il Comune di Lecce, per un totale di 1.145.708 di cittadini informati sulle azioni e sulle policies messe in campo dalle proprie amministrazioni.

Dall’analisi degli ultimi cento comuni d’Italia, si evidenzia il fatto che sebbene precisi disposti normativi come la L. 150/2000, impongano l’obbligo per le Amministrazioni di comunicare il proprio operato ai cittadini, nessuno di questi comuni ha predisposto forme e avviato fasi di sperimentazione o di realizzazione neanche parziale di rendicontazione sociale o di bilancio sociale.

Nessuno di questi Enti ha infatti nè predisposto Bilanci Sociali, ne tanto meno implementato il controllo di gestione o impiantato la contabilità economico-patrimoniale.

Sembra pertanto che il fine democratico della rendicontazione sociale, deve tenere conto anche dei costi da sostenere per la realizzazione dei processi e delle fasi della social accountability.

Notevoli poi sono gli ispessimenti e le callosità gestionali introdotte dai più recenti limiti al contenimento della spesa pubblica, che rendono più difficile per gli enti più piccoli l’individuazione di un panel di soluzioni possibili per sperimentare e promuovere forme di rendicontazione sociale.
Perciò sebbene gli abitanti di piccolissimi comuni paghino le tasse, contribuendo alla copertura e alla compartecipazione del gettito dei tributi, partecipando e sostenendo anche il welfare regionale e territoriale al pari degli abitanti di comuni di grandi dimensioni, non sono messi nelle condizioni di conoscere in che modo la loro compartecipazione al gettito tributario del Comune sia servito , per la copertura di quali servizi, a fronte di quali spese, per quali scelte dell’Amministrazione.

Sarebbe pertanto opportuno, anche nei piccoli comuni poter favorire attraverso il Bilancio Sociale, lo sviluppo di uno stile partecipativo in grado di costruire un rapporto di fiducia, partecipazione e di credibilità con i cittadini.

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