sabato, aprile 29, 2006

Sabato Aliberti 1

I PIANI SOCIALI DI ZONA E LE POLITICHE DI INCLUSIONE SOCIALE A 4 ANNI DALL’ATTUAZIONE DELLA LEGGE 328/2000
CONVENGO DEL 21.01.2006 ORGANIZZATO DALL’AGENZIA TECNICA E DI COORDINAMENTO DEGLI SPORTELLI GAL A.D.A.T s.c.a.r.l.
PSEA 2003 PIC LEADER PLUS
POLITICHE E SERVIZI SOCIALI NEL CONTESTO DELLA RURALITA'
Sala Polifunzionale del Comune di Ricigliano


La legge 328/2000 ha ormai avviato un irreversibile processo di cambiamento che riguarda soprattutto le modalità di risposta ai bisogni sociali vecchi e nuovi.
La responsabilità di programmazione di tali risposte è stata attribuita dalla legge agli Enti Locali e sostenuta successivamente dalla modifica del titolo V della Costituzione che attribuisce una maggiore rilevanza alle autonomie delle Regioni.
L’attuale processo normativo del welfare è orientato sempre più ad avvicinare l’istituzione ai cittadini e questi ultimi alle istituzioni stesse.
I concetti di: GOVERNANCE, RECIPROCITA’, SUSSIDIARIETA’, PARTECIPAZIONE, SOLIDARIETA’ amplificano una prospettiva di programmazione delle politiche sociali che muove dal basso, dalle istituzioni più vicine ai cittadini e dai cittadini stessi mediante forme di collaborazione e partecipazione, associata e non, orientate alla progettazione di interventi che mirano al soddisfacimento dei bisogni sociali e di assistenza di una determinato territorio e della comunità che in esso vive.
La programmazione dal basso degli interventi e dei servizi costituisce l’unico modo per poter raccogliere meglio le istanze dei cittadini e i loro bisogni ponendosi a garanzia di un ordinamento pluralistico.
La direzione verso cui si sta andando, dunque, è la prossimità del livello decisionale a quello di attuazione che giocoforza implica una ripartizione delle gerarchie e delle competenze che si sposta verso quei soggetti ( ad esempio gli EE.LL.) più vicini ai cittadini e pertanto più vicini ai bisogni del territorio (SUSSIDIARIETA’ VERTICALE), ma implica anche che il cittadino, sia come singolo che attraverso i cosiddetti corpi intermedi (ad es. soggetti di terzo settore) deve avere la possibilità di cooperare con le istituzioni e partecipare nella definizione degli interventi che incidono sulle realtà sociali a lui più prossime.
E’ questo il significato del concetto di SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE.
Ed è secondo questi principi ispiratori che la legge 328/2000, il Piano Sociale Nazionale e le Linee Guida regionali hanno avviato sostanziali cambiamenti nella struttura del welfare locale.
Tali cambiamenti, per brevità di analisi possiamo sintetizzarli in:

1) CAMBIAMENTI DI TIPO CULTURALE
2) CAMBIAMENTI DI TIPO ORGANIZZATIVO
3) CAMBIAMENTI NELLA GESTIONE

1) I CAMBIAMENTI DI TIPO CULTURALE riguardano il superamento dello stato assistenziale e la promozione di un welfare della partecipazione, passando da una cittadinanza selettiva rivolta solo ad alcune fasce della popolazione ad una cittadinanza più universalistica. La stessa produzione normativa è passata da leggi di tipo settoriale a veri e propri programmi di politiche integrate. I soggetti in difficoltà non sono più oggetto di politiche assistenzialistiche e passive ma ci si sta orientando verso una vera politica attiva di inclusione sociale delle categorie svantaggiate.

2) Per quanto riguarda i CAMBIAMENTI DI TIPO ORGANIZZATIVO, l’attuale legislazione ha definito in maniera più chiara il ruolo delle Regioni e delle Province riconoscendo le prime quali organismi deliberativi e le seconde come organismi a cui spetta il compito di coordinamento delle azioni sul territorio. La stessa normativa, sia nazionale che regionale, inoltre, ha introdotto una riorganizzazione dei territori provinciali in ambiti territoriali omogenei con competenze di programmazione (in Campania sono stati individuati 46 ambiti territoriali di cui 9 nella provincia di Salerno), attraverso lo strumento dei Piani di Zona e la costituzione degli Uffici di Piano, sovrapponendoli ai Distretti Sanitari e definendo al contempo i rapporti con le Aziende Sanitarie Locali, il mondo dell’Associazionismo e dei soggetti di Terzo Settore.

3) I CAMBIAMENTI NELLA GESTIONE, infine, consistono nella possibilità di pianificazione degli interventi da parte degli stessi attori del territorio, che costituiscono il Piano di Zona, lasciando ad essi la ricerca sul territorio stesso delle risorse professionali, strutturali e sociali con una conseguente maggiore concentrazione sulla programmazione e sulla erogazione dei contenuti. Programmare e gestire un servizio su di uno specifico territorio implica anche una concreta e fattiva collaborazione in equipe tra sociale e sanitario. E’ il lavoro in equipe di queste due aree che permette di programmare politiche territoriali ad alta integrazione socio-sanitaria.
Cambiano, dunque, insieme alla percezione del soggetto in difficoltà, anche l’organizzazione delle competenze e la modalità di gestione degli interventi.
Tuttavia, a quasi 5 anni dalla legge permangono ancora forti difficoltà legate soprattutto alla separazione dei poteri e delle funzioni, il POLITICO dal TECNICO, che comunque sono e devono essere complementari.
A quattro anni dalla applicazione della L. 328/2000 ancora non sembrano chiari i RUOLI degli uni e degli altri!!!
Fino ad oggi si è riusciti a coagulare l’attenzione solo attorno ai destinatari degli interventi ma contemporaneamente non sembra siano ben chiari gli obiettivi e la responsabilizzazione reciproca dei soggetti attuatori degli interventi.
Gli obiettivi del politico sono gli stessi del tecnico, del privato sociale e del privato?
Sono stati individuati livelli diversi di responsabilizzazione nell’ambito delle azioni che si vanno ad implementare a favore dei cittadini?
Vi è, dunque, ancora un modus operandi basato sull’emergenza, sui tempi, sulle scadenze, sulle previsioni, sulle verifiche che mina l’attuazione della piena integrazione tra SANITA’ E SOCIALE, e quindi l’ottimizzazione dell’utilizzo di strumenti quali ad esempio le modalità per l’affidamento dei servizi.
L’integrazione con il settore sanitario con il quale ultimamente con più frequenza ci si incontra e ci si confronta (ma più di frequente ci si scontra) deve mirare prima di tutto alla ricerca di una chiara definizione dei ruoli e dei compiti delle rispettive aree, nonché a delineare un assetto reticolare ed un funzionamento chiaro nei procedimenti che sia comparabile e verificabile sempre.
Molto spesso riteniamo che la partecipazione ad una comunità sia legata soprattutto ad aspetti formalizzati, mediante i quali ad ogni cittadino viene garantita l’appartenenza a quella comunità, popolo o nazione che sia. Questo modo di intendere la partecipazione non tiene conto di tutti quegli elementi simbolici relativi alla condivisione dei valori comuni che sono alla base del sentimento di appartenenza e dell’integrazione del soggetto nella Comunità. Il concetto di PARTECIPAZIONE, che per certi aspetti è legato a quello di SOLIDARIETA’ e RECIPROCITA’, passa solo attraverso uno stretto LEGAME tra il cittadino e la comunità o società in cui vive.
E’ questo legame - che da un punto di vista giuridico-formale viene definito CITTADINANZA - che costituisce il vero SENSO DI APPARTENENZA ad un popolo o ad una comunità poiché esso è tanto più forte quanto più sono condivisi e valori e i sentimenti comuni.
La condivisione dei valori e dei sentimenti, quindi il senso di appartenenza ad una determinata Comunità, costituiscano l’umus per l’avvio dei processi di PARTECIPAZIONE alla vita della comunità, poiché spingono la costituzione ed il consolidamento delle responsabilità individuali verso il benessere collettivo e quindi verso la comunità.
La realizzazione di un vero sistema di protezione sociale universalistico, che considera l’individuo nella sua totalità e capace di utilizzare tutte le risorse presenti su di un determinato territorio considerandole come dei potenziali capitali su cui attivare i processi di promozione della persona e della comunità , non può che basarsi sul concetto di partecipazione così come lo abbiamo appena inteso.
Questa strada sarà tanto più praticabile quanto più si è capaci di creare uno stretto collegamento tra universalità, accessibilità dei servizi e godimento dei diritti sociali.
In particolare diventano nodi strategici dell’effettivo godimento dei diritti di cittadinanza gli elementi dell’INFORMAZIONE e dell’ACCESSIBILITA’ alle prestazioni mediante l’attivazione di una PORTA UNICA DI ACCESSO ai servizi socio-sanitari. Sarebbe opportuno nonché obbligatorio anche l’elaborazione di una CARTA DEI SERVIZI per i cittadini all’interno della quale sono definiti, oltre ai principi, alla tipologia e alle modalità di accesso ai servizi avviati, anche gli strumenti di verifica degli stessi da parte del cittadino, gli elementi che ne definiscono la qualità e le modalità di reclamo nel caso in cui non vengano soddisfatti in modo adeguato i bisogni dei cittadini.
Diventa fondamentale, quindi l’applicazione dei concetti già richiamati nella normativa:
L’INFORMAZIONE;
UNIVERSALITA’;
ACCESSIBILITA’;
ESIGIBILITA’;
DIRITTO DI CITTADINANZA

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