sabato, giugno 16, 2007

galli che cantano

di Antonio Esposito

Quante volte, tante, troppe, sentiamo politici, esperti, manager di qualche tipo che, grazie ad un veicolo mediatico, spiegano al “popolo ignorante” le cose che il popolo non sa e che ha bisogno di sapere per comprendere il significato delle decisioni prese.
Un esempio tipico è dato dalla giustificazione delle proprie decisioni sulla base di quanto accade in altri paesi.
Siete scontenti – questo il leit motiv ricorrente – e allora sappiate che nelle altre nazioni le cose funzionano proprio così.
La cosa, di per sé assai poco edificante dato che una decisione sbagliata non diventa giusta perché è stata presa anche da altre parti, diventa addirittura inquietante quando scopri che molti di questi signori hanno al massimo visitato ma mai effettivamente vissuto (la differenza non dovrebbe loro sfuggire) nei posti che citano così di frequente.

Qual’è l’origine di questo comportamento?
Personalmente, sono arrivato a una conclusione che cercherò di spiegare, come sono solito fare con qualunque fenomeno naturale mi capiti di analizzare, con un immagine. Nel caso specifico una largamente in uso a Napoli: “Fare il Gallo sulla Munnezza (*)”.

Ma procediamo con ordine.
Un buon manager - gestore ha due modi fondamentali per raggiungere gli obiettivi. In primo luogo deve selezionare le miglior risorse umane disponibili, spendendo quanto più possibile in energia (tempo, denaro, cervello, sensi…) per questa selezione. Deve capire se tali risorse sono capaci di fare, possibilmente meglio, le stesse cose che fa lui. Deve dare loro forza, motivazione, entusiasmo, spingerle verso l’obiettivo, infondere in loro la missione. Deve ascoltare bene queste risorse, deve carpire tutto ciò che hanno prodotto durante lo svolgimento del proprio lavoro, deve guardarle dentro. In secondo luogo deve saper decidere quale delle tante strade che incontra (aperte dal lavoro delle sue risorse) deve prendere per raggiungere l’obiettivo nel modo più efficiente (è una responsabilità sua, ma se ha preparato bene il gruppo di lavoro, il rischio di fallire sarà minimo).

Manager così ne ho incontrati veramente pochi, ma ovviamente tutti di successo.

La stragrande maggioranza di essi si dimostra invece di grande mediocrità.
In quanto mediocre, per deficienza intrinseca non solo seleziona mediocri ma si dispone a selezionarli più scarsi di lui, quando intuisce che una risorsa può brillare un po’ – cosa facile – la elimina perchè ha paura che gli possa “prendere il posto”.
Il risultato?
La stragrande maggioranza dei gruppi di gestione sono fatti da un substrato di mediocri che sostanzialmente fanno e dicono quello che gli dice… il Gallo.

E poiché ogni organizzazione, pubblica o privata, è organizzata in gruppi di gestione, queste sacche di mediocrità dominano pressocché ovunque, soprattutto nelle strutture più grandi.

Recentemente, mi si è allora materializzata una scena: tali gruppi di gestione dovranno decidere se un giovane italiano, alla fine del corso di studi superiori, sia preparato o meno per accedere alla cultura del corso successivo.
A guardarla da fuori e pensando ai risultati di una tale politica fra venti o trent’anni viene cinicamente da sghignazzare. A guardarla da dentro però la reazione è decisamente diversa: i selezionati di oggi saranno quelli che dovranno prendere decisioni, selezionare strade… e selezionare nuove risorse (!). Uno scenario a dir poco agghiacciante.

La mia idea è che una società di Galli non può cambiare da sola, dal di dentro. In fisica (cioè in natura) ciò corrisponderebbe a sedersi su una sedia, spingersi forte verso l’alto e muoversi in tale direzione con una certa velocità. Come sappiamo è impossibile, dato che in un sistema chiuso l’energia resta dentro e non può modificarsi. Per muovere la sedia verso l’alto c’e’ bisogno di una spinta dall’esterno, di uno di energia.

La mia proposta di spinta dall’esterno prevede la necessità di inserire nella struttura gestionale e imprenditoriale italiano persone con una mentalità diversa, che possano contaminare il substrato esistente con un nuovo modo di agire e di gestire. Non è obbligatorio essere esterofili. È però indispensabile che abbiano assimilato per almeno 3-5 anni una forma mentis “altra”, essersi confrontati con altre culture, con altri mondi in modo profondo. Italiani va bene, dunque. Purché sappiano che esiste dell’altro non per sentito dire dai galli o per aver fatto 6 mesi di “stage” a singhiozzo, ma perchè l’hanno vissuto sulla propria pelle e ne hanno capito i pregi e i difetti.

I fondi strutturali per gli aiuti alle zone in sviluppo sono stati negli ultimi 25 anni di molte decine di migliaia di milioni di euro (decine di migliaia di miliardi delle vecchie lire !!). I pacchetti di fondi che si mettono a disposizione per i progetti sono ogni volta di alcune centinaia di milioni di euro.

Mandare 100-200 persone all’anno all’estero a “farsi le ossa” sarebbe un investimento (vero) di 5-10 milioni di euro al massimo, una frazione minima
dei soldi che si stanziano spesso a scopo assistenzialistico e che invece chiamano “investimento”.

Di fronte ad una tale evidenza perchè tutti parlano e nessuno agisce? Siamo
allora sul serio una società fatta di soli galli?


(*) immondizia

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